Giulia: una persona come tante, una ragazza “particolare”o semplicemente “unica” (come tutti)
Una esperienza vista e raccontata dalla mamma
Mia figlia Giulia ha 25 anni e ho altri due figli maschi, uno di 27 e uno di 12 anni. Guardare in faccia la realtà è sempre difficile, Giulia mi ha rivoluzionato la vita, mi ha arricchito, ma il cambiamento è sempre doloroso, difficile e soprattutto mai desiderato o cercato, è imposto dagli eventi. Sarebbe stato più comodo ancorarmi alla disperazione e prendermela con la sfortuna o altro. Prendo atto della realtà che mi circonda e cerco di vivere la mia vita nel rispetto di quella degli altri, Giulia compresa.
Giulia ha frequentato: 2 anni di asilo nido, 4 di scuola materna, 5 di elementari, 3 di medie, 3 anni di scuola professionale “operatrice di moda” all’Ist. Ruzza, 3 anni di scuola professionale “artistico” all’Istituto Selvatico. Oggi lavora presso una cooperativa sociale. Vorrei porre alcuni punti come stimolo per una riflessione.
PRIMA DELLA NASCITA
- Non esiste vera prevenzione; esistono esami: villocentesi, ammiocentesi, triplotest, ecografie… che possano diagnosticare durante la gravidanza la trisomia.
- Cosa prova una donna quando si trova in questa situazione??
- Quanti aborti Down ci sono in Padova, nel Veneto, in Italia ???
- E’ facile giudicare gli altri
Quando ho saputo che ero incinta del III figlio, sono andata ovviamente in crisi e ancora oggi ripenso a quel periodo come drammatico: un dilemma da risolvere… una decisione da prendere. Vorrei ricordare che ogni mamma ha la sua realtà, sensibilità e soprattutto la libertà di decidere, “bisogna aiutarla, ma soprattutto rispettarla”. Una madre adottiva, con altri due figli più grandi, un giorno mi ha detto:
“Ogni anno, il giorno del compleanno di Raffi, non posso non mandare un pensiero alla sua mamma… perché non credo che una donna possa dimenticare quando ha partorito un figlio… chissà quanti muri le saranno caduti addosso… chissà di quanti ricatti sarà stata oggetto… Proprio pensando a lei non posso non ringraziarla sempre e comunque per averlo fatto nascere, perché oggi la mia vita senza di lui sarebbe probabilmente “più tranquilla”, ma certamente più povera.”
LA NASCITA
Il momento della nascita è particolarmente importante, vanno assicurate le cure al bambino, ma non va dimenticata la presa in carico della famiglia; da parte del pediatra, di esperti da affiancare ai genitori e di quanto si può ritenere essenziale, valutando caso per caso; le generalizzazioni sono estremamente difficili. Consigliare alle famiglie di portare i bimbi all’asilo nido (e contemporaneamente essere pronti ad accoglierli) come scuola di vita e/o come terapia. Nessun genitore dimentica quel momento quando ti hanno detto, ti hanno fatto capire, che forse tuo figlio era affetto dalla sindrome Down.
L’immagine che mi viene in mente è di essere in un’altalena nella completa oscurità: tu sei seduta, non vedi nulla, ma senti molte persone parlare, darti consigli; voci rassicuranti o voci spaventose e l’altalena così viene spinta in tutte le direzioni, mentre tu devi farti carico della nuova creatura. La fantasia va… ad un Down visto molti anni fa… ai sogni fatti che svaniscono lasciando il buio… e la paura…. per noi stessi e per questa creatura che a momenti ci intenerisce a momenti ci fa rabbia… Questi i sentimenti che ribollivano in me:
- rifiuto: hanno sbagliato, non è mia figlia, è di un’altra donna….
- senso di colpa: io ho sbagliato!!! poi ho coinvolto anche il padre: forse è suo il cromosoma in più!
- angoscia per il futuro del bimbo: cosa farà da grande, che vita potrà avere?
La fase del rifiuto, per fortuna, prima o poi è passata, in un modo o in un altro. Per me è stata Giulia che lentamente si è conquista il suo spazio nella famiglia e si è fatta amare, piano piano, giorno per giorno, ma ci è riuscita molto bene. Si è fatta accettare dai fratelli, dai nonni, dagli zii, dagli altri bambini del nido, della scuola e in tutti gli ambienti dove si è inserita… Non sottovalutiamo questo aspetto: penso che costi loro molta fatica e pazienza aprirsi un varco in mezzo alla massa.
Il senso di colpa, “di aver sbagliato” spesso resta nascosto dentro di noi, ma è bene farsi aiutare dagli esperti a dipanarlo: non serve tacitarlo, reprimerlo altrimenti ti rode dentro e non lo sai e non si vede!!!
Così accade per il futuro, si deve dire quali sono le tappe raggiunte finora dai nostri ragazzi aggiungendo che si possono sempre ottenere risultati migliori, senza sottovalutare la realtà.
A volte scatta la fase di ricerca del “medico che guarisce”; delle terapie miracolose o altro da parte dei genitori che sperano di “risolvere” il problema e sperano veramente in un MIRACOLO. Qui deve subentrare un onesto esperto medico e/o psicologo…
LA CRESCITA
Va seguita la crescita e l’armonica maturità delle persone con SD (incontri, colloqui ecc…) e contemporaneamente si deve dare un supporto alle famiglie in questi delicati passaggi. Ecco ancora il mio vecchio tarlo: ho spesso la pretesa di decidere il meglio per Giulia, faccio il tentativo di lasciarla libera di scegliere, ma cerco sempre di condurla, di dirigerla, con l’alibi che da sola non ce la farebbe. Con molta fatica sono riuscita a lasciarla crescere, ma non sono ancora pronta per una sua uscita di casa, anche se la percepisco imminente nella sua fantasia, nei suoi sogni ad occhi aperti e nei progetti che io stessa appoggio.
LA SESSUALITA’
La sessualità (basta parlare solo dell’affettività) va affrontata con realtà e coraggio prevedendo nuove forme di vita adulta. Prevedere l’opportunità che, nell’ambito del progetto di vita che ogni famiglia si è costruito, per il figlio Down come per gli altri, si possa effettivamente scegliere anche di vivere in comunità alloggio e/o in appartamenti “di quartiere”. Questo può avvenire anche senza l’impellenza creatasi con la morte dei genitori, ed essere una libera scelta, da prendere assieme, genitori e figli, e non, come si è prospettato e dibattuto per anni: “dopo di noi”. Già oggi molti di loro sono un grado di vivere in maniera veramente autonoma, con qualche supporto da valutare volta per volta (anche in Italia sono molte le realtà esistenti di questo tipo: Pordenone, Bolzano, Trento, Roma, Genova ecc.).
LA SCUOLA E LA VITA ADULTA
Per quanto riguarda la scuola dell’obbligo cerchiamo di ottimizzare l’esistente. Negli ultimi 20 anni la vita della persona disabile è profondamente cambiata e ora la scuola superiore non è più la fortuna di pochi, ma il rispetto di quel diritto allo studio che porterà il disabile ad una vita socialmente integrata, così come viene spesso ribadito nei documenti a livello Europeo (vedi la “Carta Internazionale dei diritti del disabile”). Ma a cosa serve tutto ciò se poi non gli si offre una analoga esperienza nella vita adulta? Dove spendere quanto sperimentato in almeno 15 anni di integrazione scolastica? Succede così che le famiglie che non si adattano all’esistente (CEOD), da anni stabilizzato e spesso percepito come l’unica realtà possibile, debbano sostenere economicamente di tasca propria ciò che dovrebbe essere un diritto della persona disabile. Quel diritto ad una esistenza che gli permetta di vivere da cittadini con pari dignità, attivi ed integrati nel tessuto sociale della propria città. Sottolineo inoltre che il lavoro è una parte essenziale della vita di un cittadino, che si sente così parte viva ed indispensabile della società.
In queste richieste non siamo gli unici, infatti anni fa un’amica, con pazienza, mi ha fatto capire come la difesa dei diritti dell’handicap, o della donna, o di un gruppo minoritario e debole, è sostanzialmente simile nella struttura e nei contenuti: tutti chiedono il rispetto dei diritti umani, loro negati. Aggiungo però che risulta facile tacitare tutte le persone con sindrome Down: parlano in pubblico male, con fatica e molto lentamente, spesso non sono neppure in grado, perché troppo accuditi, di partecipare autonomamente alle riunioni o non sono neppure interpellati. Questo non vuol dire che Giulia, Andrea, Angelo, Laura, ecc. non abbiano le loro idee, siamo noi che spesso non ci fermiamo ad ascoltarli, perché troppo impegnati nella vita a correre… verso dove????
Quando si vuole valutare la loro AUTONOMIA si considera il “saper fare”, ma è più importante il “saper essere una persona autonoma” cioè sentirsi tale, riuscire di volta in volta a fare scelte diverse. E’ fondamentale la QUALITA’ DI VITA come per tutti.
L’APPROCCIO
Sono la mamma orgogliosa di GIULIA, è Down, ciò comporta che subito si vede il suo “essere diversa”. Ciò che tutti sanno è che nella S.D. ad essere colpita è l’intelligenza, cioè il prerequisito per eccellenza per riuscire a scuola e nella società competitiva. Non mi sento di definire cos’è l’intelligenza, ma vi invito a riflettere (memoria, logica, capacità di astrazione??) e quanto l’essere intelligenti serve nella vita. Tutti hanno un particolare vissuto verso i Down ed esiste una serie di stereotipi che, consciamente o inconsciamente, agiscono nel nostro modo di rapportaci con loro e a questi stereotipi sono legate spesso le aspettative nei loro confronti nella famiglia, nella scuola, nella società.
Per chiarire porterò come esempio un esperimento fatto negli S.U. In una scuola con bambini normali: si è attribuito a studenti con Q.I. alto, un Q.I. basso e viceversa. Alla fine dell’anno si è visto come questo trucco abbia contribuito ad una diversa valutazione da parte degli insegnanti (in base ai Q.I. conosciuti dagli insegnanti e non quelli reali). Gli studenti hanno reso in base alle aspettative in loro riposte e la conseguenza è stato un diverso profitto da parte degli allievi. Un esperimento simile non si può fare con i genitori, ma anche il loro ruolo è determinante per il grado di autonomia e di autostima che il figlio avrà, anzi tutti i figli avranno!!!
LA COMUNICAZIONE
Essi rispondono alle comunicazioni verbali, ma soprattutto a quelle non verbali, cioè al tipo di rapporto vero, alla fiducia o meno, al di là delle parole dette. In questo “sentire gli altri” Giulia è sempre stata molto più abile e più sensibile di me. Questo è collegato al grande dislivello tra la capacità di capire e la capacità di esprimersi; un mutismo, o grosse difficoltà nel settore linguistico, non corrisponde ad un mutismo intellettuale ed emozionale; ”non parla o parla male dunque non capisce e non sente”.
Ricordo che ad un mia richiesta: “Giulia cerca di parlare bene, altrimenti gli altri non ti capiscono” lei ha risposto: “chi vuole mi capisce”, aveva 11 anni. (Se avessi avuto la costanza di scriverle tutte, oggi potrei scrivere un libro con le massime di mia figlia). Anni fa mi ha chiesto, a bruciapelo, a cena con i suoi fratelli: perché tu e papà non siete Down, i miei fratelli non sono Down?? e io si!!!! Volevo dire qualche cosa, ma cosa?? e così mi è venuta questa frase: ma se tu non fossi Down cosa cambierebbe nella tua vita? Ero convinta che avrebbe pensato a lungo e forse mi avrebbe risposto “NULLA”, invece lei immediatamente ha risposto: a SCUOLA, allora frequentava un Ist. Professionale d’arte.
Sono seguiti giorni bui per me, finalmente ho messo a fuoco che il mio senso di colpa in quanto genitrice non aveva niente in comune con la sua accettazione e presa di coscienza. Per fortuna esistono gli psicologi e ci siamo fatte aiutare un po’. Quindi Giulia sa e in qualche modo si sta costruendo una sua identità. Un po’ come capita a tutti, ma lei deve fare i conti anche con quella DIFFERENZA. Su questo episodio ha scritto una poesia:
RICORDO
Io ho detto alla mia mamma una frase:
Perché i miei fratelli sono normali e io no?
Lei “così così” ha cercato una risposta.
Sono diversa, cerco di aiutarmi.
Il vissuto e i sentimenti dei FRATELLI, quali sono stati e quali saranno??? E’ certo che le vogliono un gran bene!! Il papà di Giulia forse vi racconterebbe un’altra storia; l’ha espressa nel 1990 in questo modo:
UCCELLINO SBAGLIATO
Se disturbi la gente normale
dolcissimo uccellino sbagliato,
resta qui dove non c‘è il male
nel nido sicuro che hai trovato.Uccidi per un dire diverso
uomo forte del mondo perfetto,
cenere e fuoco nel cielo terso
povere case senza più tetto.Canti e giochi senza sapere
e questa gioia placa la terra,
sangue e morte non sai vedere
uccellino tu vinci la guerra.
“L’accesso al mondo degli adulti ed in particolare l’inserimento lavorativo non si costruiscono in modo “astorico” ad una certa età anagrafica, ma sono la risultante di un percorso educativo-affettivo ed esperenziale che prende l’avvio precocemente proprio da un immaginario e da un progetto che si realizza passo dopo passo, giorno dopo giorno, a condizione che si sia capito bene in quale direzione andare e quali passi compiere”. Ho ripreso questa frase dal bellissimo libro di E. Montobbio “Chi sarei se potessi essere”, perché leggendola ho capito che i miei sogni per Giulia sono stati molto annebbiati, ma sempre era chiaro che la vita era tutta e solo sua; che prima o poi avrebbe potuto andare a vivere lontano dalla sua famiglia, con altri… amici , volontari… idealisti un po’ pazzi, o forse restare con noi, ma liberamente, per sua scelta.
Vorrei raccontarvi un episodio: nel 1988 ho conosciuto a Matera una famiglia con un figlio Down allora di circa 50 anni. La mamma si è rivolta a me, ero Presidente dell’Ass. Down del Veneto, dicendo: quando è nato Matteo qui per loro non c’era niente……….IO GLI HO SOLO VOLUTO BENE!!!
Salve sono la mamma di giacomo con la sindrome down, non mi sono mai pentita, ma trovo spesso la porta chiusa, sono solo all’inizio a 4 anni, e già o molti problemi, per lui io combattero lui è la mia vita, alla mamma di Giulia , la ringrazio è speciale come lei