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PUNTI DI PARTENZA: Mio figlio ha gli stessi bisogni degli altri bambini

  1. AMBIENTE
    • L’ambiente domestico è pronto per accogliere un bambino? (Cuscini, tappeto dei giochi, oggetti colorati, giochi, ecc.).
    • L’ambiente domestico deve essere strutturato per essere modificabile man mano che il mio bambino cresce (gli interessi che mio figlio ha a 2 anni sono diversi da quelli che avrà a 5 anni).

SI CRESCE GIOCANDO INSIEME: RECIPROCITÀ  E CONDIVISIONE

  1. PRIMA IL MIO BAMBINO, POI IO
    • Non devo sempre io cercare il mio bambino, ma aspetto anche che sia lui a cercare me.
    • Imito le azioni, parole, lallazioni (suoni come la-la, ga-ga, ma-ma, …) del mio bambino per condividere con lui attività e interessi. È IL MIO BAMBINO CHE GUIDA IL GIOCO/L’INTERAZIONE, IO CERCO DI INCENTIVARLO.
    • È PIÙ IMPORTANTE CHE AGISCA IL MIO BAMBINO PIUTTOSTO CHE LO FACCIA IO AL SUO POSTO. Non mi sostituisco a lui, ma attendo pazientemente. Ad esempio se il mio bambino è per terra e cerca di prendere un oggetto appoggiato sul divano senza riuscirci, non devo intervenire anticipandolo, ma aspetto che provi a trovare una soluzione come alzarsi in piedi appoggiandosi al divano… il mio ruolo e sorvegliare il bambino affinché non si trovi in situazioni pericolose. NON È TEMPO PERSO, significa dargli la possibilità di sperimentare da solo, ciò è molto importante per il suo sviluppo.

 

  1. NON INSEGNO; MA SUPPORTO E INCENTIVO LO SVILUPPO GIOCANDO CON LUI.
    • RISPETTO I TURNI DI INTERAZIONE: una volta il mio bambino e una volta io. Questo in ogni tipo di interazione: un sorriso lui e uno io, una lallazione/suono lui e una parola/suono mio, nel gioco dei cubetti ne metterà un po’ lui e uno io, ecc. È importante non interromperlo, aspetto che finisca per iniziare il mio turno.
    • NON DEVO AVER FRETTA DI INTERVENIRE: do più spazio e più libertà al mio bambino sia nel gioco che in qualunque altra forma di interazione
    • Prendo parte ai giochi/azioni ripetitive di mio figlio. RIPETO CIÒ CHE IL MIO BAMBINO FA e ARRICCHISCO IL GIOCO INTRODUCENDO QUALCHE NOVITÀ senza pretendere che lo imiti e lo impari subito. Ad esempio: se costruisce una torre di due cubi, aspetto che finisca poi posso aggiungerne un terzo oppure aggiungo alcuni cubi per fare una piramide. Oppure se giochiamo spesso a ritrovare un oggetto da me nascosto posso usare nascondigli diversi dai soliti ma comunque raggiungibili dal mio bambino.
    • NON DEVO PRETENDERE CHE RIPETA QUELLO CHE FACCIO IO, se non lo fa lo farà più avanti oppure semplicemente può non averne voglia.

 

  1. TRASFORMO LE ROUTINES IN GIOCHI. Ad esempio, il bagnetto, può essere motivo per fare un gioco simpatico con le paperette, le spugne, ecc.. Attiro l’attenzione del mio bambino dicendo a voce alta quello che si sta facendo e il nome delle cose che si toccano e si mostrano.

 

  1. MI BASO SU QUELLO CHE MIO FIGLIO SA FARE
    • Stimolo e richiedo azioni che il mio bambino è capace di fare. Non lo tratto come se fosse sempre un bambino piccolo, non pretendo che faccia tutto e subito senza dargli indicazioni o suggerimenti.
    • Comunico e stimolo risposte (anche non verbali) che il mio bambino è capace di dare. Non gli parlo come se fosse sempre piccolo, non pretendo che capisca tutto all’istante.
    • Come tutti gli altri bambini cerco di sviluppare le sue abilità in base a quello che sa già fare. Ad esempio la sequenza dell’imparare a mangiare da solo. imbocco il mio bambino;  2.il mio bambino riesce a prendere il cucchiaio da solo, allora lo aiuto nel portarlo alla bocca;  3.il mio bambino riesce a portare il cucchiaio alla bocca, è ora che lo lasci fare da solo. Non importa se non lo fa in maniera perfetta, l’importante è farlo provare.

OSSERVO E RISPONDO

  1. FACCIO ATTENZIONE: Osservo il comportamento del mio bambino e cerco di capire il suo stato d’animo (ha voglia di giocare o vuole essere lasciato in pace? È interessato a ciò che sto facendo in quel determinato momento?!? Potrei coinvolgerlo!).
    • Cerco di capire se quello che gli propongo gli piace veramente. Ad esempio: si distrae continuamente mentre giochiamo? Forse è attratto da qualcos’altro o semplicemente non gli piace quello che stiamo facendo.
    • Seguo dove il mio bambino dirige l’attenzione e propongo giochi e attività in base a ciò che lo interessa.

 

  1. RISPONDO PRONTAMENTE
    • Rispondo immediatamente ai piccoli comportamenti come il sorriso, quando mi cerca con lo sguardo, quando mi viene incontro, ecc. e gli rispondo ad esempio sorridendogli a mia volta, prendendolo in braccio, parlandogli, ecc.
    • NON MI SOSTITUISCO A LUI. Devo stare attento a lasciargli fare le sue esperienze! IL MIO BAMBINO DEVE SPERIMENTARE I SUOI LIMITI PER POTERLI SUPERARE, NON DEVO INTERVENIRE SUBITO FORNENDOGLI LA SOLUZIONE! Ad esempio se il mio bambino vuole un oggetto che è dentro la scatola dei giochi non glielo do subito io, ma aspetto che trovi una soluzione come chiedermi di darglielo indicandolo o che sperimenti e trovi una strategia per capire come si apre la scatola.

  COMUNICAZIONE

  1. PUÒ ESSERE VERBALE O NON VERBALE: per esprimere bisogni, desideri, volontà, pensieri, opinioni si usano parole ma anche gesti, mimica del viso e mimica del corpo.
    • Anche senza parole il mio bambino comunica. Capisco i gesti e le espressioni facciali del mio bambino e rispondo in maniera verbale arricchendola con quella non verbale (gesti, mimica del viso, mimica del corpo).
    • INCORAGGIO IL PIÙ POSSIBILE L’USO DI COMUNICAZIONE NON VERBALE. Non mi devo intestardire nel cercare di farlo parlare, non è utile al suo sviluppo e non è una rinuncia, è solo dargli più tempo senza stressarlo.

 

  1. NON INSEGNO; MA SUPPORTO E INCENTIVO LO SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE
    • Traduco le azioni del mio bambino, i sentimenti, le intenzioni in parole e dico a voce alta il nome delle cose che si toccano e si mostrano. Ad esempio: il mio bambino mi porta una palla, io gli rispondo “ma che bella palla, è blu, cosa possiamo fare con questa palla? Possiamo ……!”.
    • Se il mio bambino non parla ancora o usa parole non chiare o approssimate (come pa-a per palla) le riformulo con parole che descrivono le azioni/intenzioni del mio bambino. Ad esempio: ho la palla in mano e lui alza le braccia come per chiedermi di lanciargliela dicendo“pa-a”. Invece di rispondergli “No, si dice p-a-l-l-a!” potrei riformulare la sua richiesta/intenzione inserendo la parola corretta: “Vuoi che ti lanci la palla? Attento eh? Ora la lancio!” usando anche la comunicazione non verbale (indico la palla, faccio finta di lanciargliela ecc.).
    • NON PRETENDO CHE IL MIO BAMBINO RIPETA E IMPARI SUBITO! Se non lo fa ora, lo farà più avanti.

EDUCAZIONE ALL’AUTONOMIA: si conquista giorno per giorno.

  1. L’AUTONOMIA È UNA CONQUISTA GRADUALE
    • Gradualmente insegno al mio bambino le piccole attività quotidiane come fossero un gioco. Ad esempio attraverso l’imitazione: quando mi lavo la faccia posso chiedere al mio bambino di imitarmi, gli chiedo di lavarmi la faccia e poi la lavo io a lui…
    • Come con tutti gli altri bambini, prima si fa insieme, poi a poco a poco riduco il mio aiuto. Esempio per imparare a bere da solo: reggo il biberon in bocca al bambino;   2.aiuto il bambino a tenere il biberon in bocca (sovrappongo le mie mani alle sue);  3. gradualmente tolgo le mani in modo che lui sorregga da solo il biberon mentre beve;   4.gli metto il biberon accanto e lui lo prenderà da solo. Il passo successivo sarà di sostituire il biberon con la tazza/bicchiere.

 

  1. SONO UN ESEMPIO PER LUI: i bambini amano fare le stesse cose che fanno i genitori, lo aiuterà vedere che mi lavo, vestirmi, andare alla toilette, ecc.

 

  1. PER IMPARARE BISOGNA PROVARE DA SOLI
    • NON DEVO PRETENDERE CHE IL MIO BAMBINO SEGUA ESATTAMENTE LE MIE INDICAZIONI/SOLUZIONI. Devo dargli la possibilità di sperimentarsi in modo che il mio bambino da solo scelga la soluzione che reputa migliore.
    • NON FACCIO IO PER LUI! Il mio ruolo è quello di dargli gli strumenti per fare da solo. Non gli impongo la mia soluzione, ma gli fornisco suggerimenti e strategie che lo aiutino a portare a termine il compito da solo. Ad esempio se vuole qualcosa che è sul tavolo invece che darglielo io potrei metterlo in piedi sulla sedia e reggerlo mentre lo prende da solo.
    • NON IMPORTA SE NON LO FA IN MANIERA PERFETTA, l’importante è farlo provare.

 

  1. EDUCAZIONE ALLA SCELTA
    • Autonomia non è solo imparare a fare qualcosa, ma anche fare delle scelte da solo. Seguo le scelte del mio bambino nel gioco, nei vestiti ecc.
    • Non devo decidere per lui. Do al mio bambino frequenti opportunità di fare scelte come nei giochi, nel cibo ecc. Ad esempio se un gioco che piace tanto alla mamma o al papà non è gradito al bambino non serve a nulla continuare a riproporlo, rischio di creare tensioni inutili.

 

  1. IL MIO BAMBINO NON È SOTTO ESAME! Tutto è un gioco e ridiamo insieme e ci divertiamo insieme quando c’è un errore.

SIAMO GENITORI, NON TERAPISTI

  1. SE SONO STANCO/A, NERVOSO/A O ALTRO È MEGLIO RIMANDARE IL GIOCO A QUANDO MI VA, SENZA SENTIRMI IN COLPA!
    • Il gioco con il mio bambino nasce spontaneamente, non deve far parte di una “tabella di marcia” della giornata!

 

  1. COME TUTTI GLI ALTRI BAMBINI MIO FIGLIO A DIRITTO A SENTIRSI DIRE DI NO E AD ESSERE SGRIDATO SE VA CONTRO LE REGOLE.

 

  1. IL MIO BAMBINO È UNA PERSONA. Quando parlo con altri del mio bambino lui lo capisce, non mi comporto come se non ci fosse o come se non potesse capire, è una persona e in quanto tale va rispettata! Se gli rivolgono una domanda gli lascio lo spazio e il tempo di intervenire con i suoi mezzi/capacità (un sorriso, suono, una parola approssimata). Anche se non risponde dargli lo spazio e il tempo per provare a intervenire è molto importante: significa dargli il messaggio che è una persona con una sua unicità e individualità, inoltre inizia a capire di essere inserito in un realtà sociale dove è richiesta la partecipazione.

QUESTE STRATEGIE DI FACILITAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO NELLO SVILUPPO SONO DEI CONSIGLI, OSSERVAZIONI E SUGGERIMENTI EDUCATIVI DA SEGUIRE QUOTIDIANAMENTE NELL’INTERAZIONE CON IL MIO BAMBINO. LE UTILIZZO IL PIÙ POSSIBILE E INCORAGGIO LE PERSONE PIÙ VICINE A LUI AD USARLE.     Bibliografia Brusoni, G., Moretto, R., Venturelli, L. (2007). Da 0 a 6 anni. Una guida per la famiglia. Ministero della Salute, Ed. Plada. Cecchini, M. (1989). Sviluppo intellettivo e sociale nella Sindrome di Down: Fattori Rilevanti. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 85-93). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Cunningham, C.C. (1989). L’intervento precoce con i genitori di bambini Down. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 95-115). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Ferri, R. (1989). Obiettivi e linee operative nell’educazione del bambino Down. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 71-83). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Kim J.M., Mahoney, G. (2004). The effects of mother’s style of interaction on children’s engagement: Implications for using responsive interventions with parents. Topics in Early Childhood Special Education, 24 (1), 31-38. Mahoney, G. & Neville-Smith, A. (1996). The effects of directive communications on children’s interactive engagement: Implications for language intervention. Topics in Early Childhood Special Education, 16 (2), 236-250. Mahoney, G., Perales, F. (2005). Relationship-Focused Early Intervention With Children With Pervasive Developmental Disorders and Other Disabilities: A Comparative Study. Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics, 26(2), 77-85. Mahoney, G. Perales, P., Wiggers, B. & Herman, B. (2006). Responsive Teaching: Early intervention for children with Down syndrome and other disabilities. Down Syndrome Research and Practice 11(1), 18-28. Mahoney, G (2007). Cognitive rehabilitation. In Rondal, J.A., Rasore-Quartino, A. (a cura di). Therapies and rehabilitation in Down syndrome. (pp. 90-106). xiv, 214 pp. New York, NY, US: John Wiley & Sons Ltd; US. Vianello R. (2006). La Sindrome di Down: sviluppo psicologico e integrazione dalla nascita all’età senile. Bergamo, Ed junior. Zigler, E. & Bennet –Gates, D. (a cura di) (1999). Personality in Individuals with Mental Retardation. Cambridge University Press (Trad. 2002. Sviluppo della personalità in individui con ritardo mentale. Bergamo: Edizioni Junior).