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PUNTI DI PARTENZA: Mio figlio ha gli stessi bisogni degli altri bambini
- AMBIENTE
- L’ambiente domestico è pronto per accogliere un bambino? (Cuscini, tappeto dei giochi, oggetti colorati, giochi, ecc.).
- L’ambiente domestico deve essere strutturato per essere modificabile man mano che il mio bambino cresce (gli interessi che mio figlio ha a 2 anni sono diversi da quelli che avrà a 5 anni).
SI CRESCE GIOCANDO INSIEME: RECIPROCITÀ E CONDIVISIONE
- PRIMA IL MIO BAMBINO, POI IO
- Non devo sempre io cercare il mio bambino, ma aspetto anche che sia lui a cercare me.
- Imito le azioni, parole, lallazioni (suoni come la-la, ga-ga, ma-ma, …) del mio bambino per condividere con lui attività e interessi. È IL MIO BAMBINO CHE GUIDA IL GIOCO/L’INTERAZIONE, IO CERCO DI INCENTIVARLO.
- È PIÙ IMPORTANTE CHE AGISCA IL MIO BAMBINO PIUTTOSTO CHE LO FACCIA IO AL SUO POSTO. Non mi sostituisco a lui, ma attendo pazientemente. Ad esempio se il mio bambino è per terra e cerca di prendere un oggetto appoggiato sul divano senza riuscirci, non devo intervenire anticipandolo, ma aspetto che provi a trovare una soluzione come alzarsi in piedi appoggiandosi al divano… il mio ruolo e sorvegliare il bambino affinché non si trovi in situazioni pericolose. NON È TEMPO PERSO, significa dargli la possibilità di sperimentare da solo, ciò è molto importante per il suo sviluppo.
- NON INSEGNO; MA SUPPORTO E INCENTIVO LO SVILUPPO GIOCANDO CON LUI.
- RISPETTO I TURNI DI INTERAZIONE: una volta il mio bambino e una volta io. Questo in ogni tipo di interazione: un sorriso lui e uno io, una lallazione/suono lui e una parola/suono mio, nel gioco dei cubetti ne metterà un po’ lui e uno io, ecc. È importante non interromperlo, aspetto che finisca per iniziare il mio turno.
- NON DEVO AVER FRETTA DI INTERVENIRE: do più spazio e più libertà al mio bambino sia nel gioco che in qualunque altra forma di interazione
- Prendo parte ai giochi/azioni ripetitive di mio figlio. RIPETO CIÒ CHE IL MIO BAMBINO FA e ARRICCHISCO IL GIOCO INTRODUCENDO QUALCHE NOVITÀ senza pretendere che lo imiti e lo impari subito. Ad esempio: se costruisce una torre di due cubi, aspetto che finisca poi posso aggiungerne un terzo oppure aggiungo alcuni cubi per fare una piramide. Oppure se giochiamo spesso a ritrovare un oggetto da me nascosto posso usare nascondigli diversi dai soliti ma comunque raggiungibili dal mio bambino.
- NON DEVO PRETENDERE CHE RIPETA QUELLO CHE FACCIO IO, se non lo fa lo farà più avanti oppure semplicemente può non averne voglia.
- TRASFORMO LE ROUTINES IN GIOCHI. Ad esempio, il bagnetto, può essere motivo per fare un gioco simpatico con le paperette, le spugne, ecc.. Attiro l’attenzione del mio bambino dicendo a voce alta quello che si sta facendo e il nome delle cose che si toccano e si mostrano.
- MI BASO SU QUELLO CHE MIO FIGLIO SA FARE
- Stimolo e richiedo azioni che il mio bambino è capace di fare. Non lo tratto come se fosse sempre un bambino piccolo, non pretendo che faccia tutto e subito senza dargli indicazioni o suggerimenti.
- Comunico e stimolo risposte (anche non verbali) che il mio bambino è capace di dare. Non gli parlo come se fosse sempre piccolo, non pretendo che capisca tutto all’istante.
- Come tutti gli altri bambini cerco di sviluppare le sue abilità in base a quello che sa già fare. Ad esempio la sequenza dell’imparare a mangiare da solo. imbocco il mio bambino; 2.il mio bambino riesce a prendere il cucchiaio da solo, allora lo aiuto nel portarlo alla bocca; 3.il mio bambino riesce a portare il cucchiaio alla bocca, è ora che lo lasci fare da solo. Non importa se non lo fa in maniera perfetta, l’importante è farlo provare.
OSSERVO E RISPONDO
- FACCIO ATTENZIONE: Osservo il comportamento del mio bambino e cerco di capire il suo stato d’animo (ha voglia di giocare o vuole essere lasciato in pace? È interessato a ciò che sto facendo in quel determinato momento?!? Potrei coinvolgerlo!).
- Cerco di capire se quello che gli propongo gli piace veramente. Ad esempio: si distrae continuamente mentre giochiamo? Forse è attratto da qualcos’altro o semplicemente non gli piace quello che stiamo facendo.
- Seguo dove il mio bambino dirige l’attenzione e propongo giochi e attività in base a ciò che lo interessa.
- RISPONDO PRONTAMENTE
- Rispondo immediatamente ai piccoli comportamenti come il sorriso, quando mi cerca con lo sguardo, quando mi viene incontro, ecc. e gli rispondo ad esempio sorridendogli a mia volta, prendendolo in braccio, parlandogli, ecc.
- NON MI SOSTITUISCO A LUI. Devo stare attento a lasciargli fare le sue esperienze! IL MIO BAMBINO DEVE SPERIMENTARE I SUOI LIMITI PER POTERLI SUPERARE, NON DEVO INTERVENIRE SUBITO FORNENDOGLI LA SOLUZIONE! Ad esempio se il mio bambino vuole un oggetto che è dentro la scatola dei giochi non glielo do subito io, ma aspetto che trovi una soluzione come chiedermi di darglielo indicandolo o che sperimenti e trovi una strategia per capire come si apre la scatola.
COMUNICAZIONE
- PUÒ ESSERE VERBALE O NON VERBALE: per esprimere bisogni, desideri, volontà, pensieri, opinioni si usano parole ma anche gesti, mimica del viso e mimica del corpo.
- Anche senza parole il mio bambino comunica. Capisco i gesti e le espressioni facciali del mio bambino e rispondo in maniera verbale arricchendola con quella non verbale (gesti, mimica del viso, mimica del corpo).
- INCORAGGIO IL PIÙ POSSIBILE L’USO DI COMUNICAZIONE NON VERBALE. Non mi devo intestardire nel cercare di farlo parlare, non è utile al suo sviluppo e non è una rinuncia, è solo dargli più tempo senza stressarlo.
- NON INSEGNO; MA SUPPORTO E INCENTIVO LO SVILUPPO DELLA COMUNICAZIONE
- Traduco le azioni del mio bambino, i sentimenti, le intenzioni in parole e dico a voce alta il nome delle cose che si toccano e si mostrano. Ad esempio: il mio bambino mi porta una palla, io gli rispondo “ma che bella palla, è blu, cosa possiamo fare con questa palla? Possiamo ……!”.
- Se il mio bambino non parla ancora o usa parole non chiare o approssimate (come pa-a per palla) le riformulo con parole che descrivono le azioni/intenzioni del mio bambino. Ad esempio: ho la palla in mano e lui alza le braccia come per chiedermi di lanciargliela dicendo“pa-a”. Invece di rispondergli “No, si dice p-a-l-l-a!” potrei riformulare la sua richiesta/intenzione inserendo la parola corretta: “Vuoi che ti lanci la palla? Attento eh? Ora la lancio!” usando anche la comunicazione non verbale (indico la palla, faccio finta di lanciargliela ecc.).
- NON PRETENDO CHE IL MIO BAMBINO RIPETA E IMPARI SUBITO! Se non lo fa ora, lo farà più avanti.
EDUCAZIONE ALL’AUTONOMIA: si conquista giorno per giorno.
- L’AUTONOMIA È UNA CONQUISTA GRADUALE
- Gradualmente insegno al mio bambino le piccole attività quotidiane come fossero un gioco. Ad esempio attraverso l’imitazione: quando mi lavo la faccia posso chiedere al mio bambino di imitarmi, gli chiedo di lavarmi la faccia e poi la lavo io a lui…
- Come con tutti gli altri bambini, prima si fa insieme, poi a poco a poco riduco il mio aiuto. Esempio per imparare a bere da solo: reggo il biberon in bocca al bambino; 2.aiuto il bambino a tenere il biberon in bocca (sovrappongo le mie mani alle sue); 3. gradualmente tolgo le mani in modo che lui sorregga da solo il biberon mentre beve; 4.gli metto il biberon accanto e lui lo prenderà da solo. Il passo successivo sarà di sostituire il biberon con la tazza/bicchiere.
- SONO UN ESEMPIO PER LUI: i bambini amano fare le stesse cose che fanno i genitori, lo aiuterà vedere che mi lavo, vestirmi, andare alla toilette, ecc.
- PER IMPARARE BISOGNA PROVARE DA SOLI
- NON DEVO PRETENDERE CHE IL MIO BAMBINO SEGUA ESATTAMENTE LE MIE INDICAZIONI/SOLUZIONI. Devo dargli la possibilità di sperimentarsi in modo che il mio bambino da solo scelga la soluzione che reputa migliore.
- NON FACCIO IO PER LUI! Il mio ruolo è quello di dargli gli strumenti per fare da solo. Non gli impongo la mia soluzione, ma gli fornisco suggerimenti e strategie che lo aiutino a portare a termine il compito da solo. Ad esempio se vuole qualcosa che è sul tavolo invece che darglielo io potrei metterlo in piedi sulla sedia e reggerlo mentre lo prende da solo.
- NON IMPORTA SE NON LO FA IN MANIERA PERFETTA, l’importante è farlo provare.
- EDUCAZIONE ALLA SCELTA
- Autonomia non è solo imparare a fare qualcosa, ma anche fare delle scelte da solo. Seguo le scelte del mio bambino nel gioco, nei vestiti ecc.
- Non devo decidere per lui. Do al mio bambino frequenti opportunità di fare scelte come nei giochi, nel cibo ecc. Ad esempio se un gioco che piace tanto alla mamma o al papà non è gradito al bambino non serve a nulla continuare a riproporlo, rischio di creare tensioni inutili.
- IL MIO BAMBINO NON È SOTTO ESAME! Tutto è un gioco e ridiamo insieme e ci divertiamo insieme quando c’è un errore.
SIAMO GENITORI, NON TERAPISTI
- SE SONO STANCO/A, NERVOSO/A O ALTRO È MEGLIO RIMANDARE IL GIOCO A QUANDO MI VA, SENZA SENTIRMI IN COLPA!
- Il gioco con il mio bambino nasce spontaneamente, non deve far parte di una “tabella di marcia” della giornata!
- COME TUTTI GLI ALTRI BAMBINI MIO FIGLIO A DIRITTO A SENTIRSI DIRE DI NO E AD ESSERE SGRIDATO SE VA CONTRO LE REGOLE.
- IL MIO BAMBINO È UNA PERSONA. Quando parlo con altri del mio bambino lui lo capisce, non mi comporto come se non ci fosse o come se non potesse capire, è una persona e in quanto tale va rispettata! Se gli rivolgono una domanda gli lascio lo spazio e il tempo di intervenire con i suoi mezzi/capacità (un sorriso, suono, una parola approssimata). Anche se non risponde dargli lo spazio e il tempo per provare a intervenire è molto importante: significa dargli il messaggio che è una persona con una sua unicità e individualità, inoltre inizia a capire di essere inserito in un realtà sociale dove è richiesta la partecipazione.
QUESTE STRATEGIE DI FACILITAZIONE E ACCOMPAGNAMENTO NELLO SVILUPPO SONO DEI CONSIGLI, OSSERVAZIONI E SUGGERIMENTI EDUCATIVI DA SEGUIRE QUOTIDIANAMENTE NELL’INTERAZIONE CON IL MIO BAMBINO. LE UTILIZZO IL PIÙ POSSIBILE E INCORAGGIO LE PERSONE PIÙ VICINE A LUI AD USARLE. Bibliografia Brusoni, G., Moretto, R., Venturelli, L. (2007). Da 0 a 6 anni. Una guida per la famiglia. Ministero della Salute, Ed. Plada. Cecchini, M. (1989). Sviluppo intellettivo e sociale nella Sindrome di Down: Fattori Rilevanti. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 85-93). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Cunningham, C.C. (1989). L’intervento precoce con i genitori di bambini Down. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 95-115). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Ferri, R. (1989). Obiettivi e linee operative nell’educazione del bambino Down. In R. Ferri e A. Spagnolo (a cura di), La Sindrome di Down (pp. 71-83). Roma: Il Pensiero Scientifico editore. Kim J.M., Mahoney, G. (2004). The effects of mother’s style of interaction on children’s engagement: Implications for using responsive interventions with parents. Topics in Early Childhood Special Education, 24 (1), 31-38. Mahoney, G. & Neville-Smith, A. (1996). The effects of directive communications on children’s interactive engagement: Implications for language intervention. Topics in Early Childhood Special Education, 16 (2), 236-250. Mahoney, G., Perales, F. (2005). Relationship-Focused Early Intervention With Children With Pervasive Developmental Disorders and Other Disabilities: A Comparative Study. Journal of Developmental and Behavioral Pediatrics, 26(2), 77-85. Mahoney, G. Perales, P., Wiggers, B. & Herman, B. (2006). Responsive Teaching: Early intervention for children with Down syndrome and other disabilities. Down Syndrome Research and Practice 11(1), 18-28. Mahoney, G (2007). Cognitive rehabilitation. In Rondal, J.A., Rasore-Quartino, A. (a cura di). Therapies and rehabilitation in Down syndrome. (pp. 90-106). xiv, 214 pp. New York, NY, US: John Wiley & Sons Ltd; US. Vianello R. (2006). La Sindrome di Down: sviluppo psicologico e integrazione dalla nascita all’età senile. Bergamo, Ed junior. Zigler, E. & Bennet –Gates, D. (a cura di) (1999). Personality in Individuals with Mental Retardation. Cambridge University Press (Trad. 2002. Sviluppo della personalità in individui con ritardo mentale. Bergamo: Edizioni Junior).